Immagini
realizzate dal progettista delle opere di restauro del mulino.
Architetto Francesca Schiavone
Dal sito della Proloco di castelfranci
La mattina del 2 febbraio dell'anno 1833, Giuseppe Maria Tecce, Sindaco di Castelfranci riunisce il decurionato nel solito luogo delle adunanze per redigere un atto deliberatorio che si rivelerà fondamentale per la storia del mulino.
Con questo adempimento, infatti, vieni ufficialmente presentata istanza a S. M. Ferdinando II° di Borbone intesa ad ottenere l'autorizzazione per la costruzione del mulino alle falde del bosco Baiano, sulla sponda del fiume Calore.
Il 5 aprile del 1834, viene emanato il decreto reale che di fatto ne autorizza la costruzione.
"Ferdinando II per grazia di Dio Re del Regno
delle Due Sicilie; Essendosi manifestata nel Comune di Castel di
Franci in Principato Ulteriore la necessità di avversi un mulino
attivo ed utile, in rimpiazzo di quello che in precedenza aveva
costruito e divenuto inoperoso, oltre quello che vi esiste di
proprietà Brancia; volendo secondare i voti di quella popolazione;
Abbiamo risoluto di decretare e decretiamo quanto segue:
Art. I - Autorizziamo il Comune di Castel di Franci alla
costruzione di un mulino nel luogo denominato Pescone Marini ai
piedi del Bosco di Baiano e sulla sponda destra del fiume Calore,
conforme la pianta ed il progetto fatto sopra luogo dall'ingegnere
provinciale Marino Massari.
Art. II - Per quanto riguarda la spesa di ducati 1380, sarà provveduto:
a) con le offerte volontarie di quella popolazione in denaro, ed in giornate di lavoro di uomini, di donna e di animali da tiro e da soma;
b) con gli avanzi esistenti in cassa delle rendite del Comune;
c) con la rendita dei cerri secchi ed inutili esistenti in detto bosco."
Ottenuti il decreto i borghigiani danno inizio ai lavori sotto la guida dell'ingegnere Marino Massari. Alla costruzione viene data una forma rettangolare, lunga quaranta palmi e larga vetiquattro, con pezzi d'intaglio sistemati alle quattro "cantonate".
Come il
Muliniello, quello che i naturali si
accingono a realizzare è un mulino ad acqua a ruota orizzontale.
Nella parte sottostante, realizzate a botte vengono previste le
stanze dette degl'Inferni, che consentono alle
acque di defluire verso il fiume. Vi si accede da un portone di
legno rifinito da un portale in pietra sbozzata.
Per
la copertura viene previsto l'impegno di tremila embrici e, per la
macinazione, l'acquisto di due mole con i rispettivi assetti ed
utensili di ferro, due ruote, due fusi, due tramoje, due tini, due
pettorali, due levatoj di acque e due mensole.
Per convogliare le acque verso la costruzione viene costruita una parata, che le fa confluire in un "ponte canale" provvisto di tre portelloni.
Nel 1837 l'ingegnere Francesco Saverio Abbondanti redige un progetto di "Aggiunzione e perfezione" che conferisce all'opera, nel suo insieme, un senso compiuto.
Con l'introduzione della Tassa sul Macinato la struttura viene adeguata alle esigenze del momento.